Professionisti della Conoscenza per una “Buona Scuola”

La materia del riordino dei cicli scolastici in Italia operata dai precedenti Governi ha da sempre trovato seri ostacoli anche a causa del procedimento adottato per inserire la riforma nei meccanismi che governano il pubblico impiego in Italia.

conoscenzaAdottando un procedimento standard e dando seguito ad una lunga serie di provvedimenti autoritativi, il Ministro pro tempore definiva compiti e ruoli ai “funzionari preposti”, operando alla stessa stregua di quando intendeva modificare il “lavoro amministrativo” necessario per smaltire pratiche o rilasciare certificazioni.

Aver inquadrato, pur nella sua atipicità, il contesto della scuola nel pubblico impiego interpretando in modo restrittivo il concetto di pubblico servizio, ha di fatto costretto la scuola ad inventarsi particolari percorsi didattici e organizzativi (programmazioni, sperimentazioni, progetti, iniziative, eventi) che hanno progressivamente disaggregato il sistema, sino a disgregarlo con la consacrazione del principio dell’autonomia scolastica. Difficile, se non impossibile per qualsiasi disegno riformatore riuscire a impostare una seria e generale politica della valutazione e del merito.

Per questo motivo si nutrono serie perplessità e riserve allorquando il Governo manifesti, seppur adottando modalità partecipative, nuovamente l’intenzione di definire autoritariamente diritti, percorsi e pratiche di un servizio migliore affidandolo a pubblici dipendenti inquadrati secondo i tradizionali parametri organizzativi propri dei “lavoratori del settore pubblico”.

Tutto questo quando in tutta Europa si ritiene più opportuno affidare l’insegnamento nelle scuole a “professionisti della conoscenza conformandosi perlopiù ai criteri di selezione e di autogoverno proprie delle professioni intellettuali. Si chiede pertanto che anche il corpo insegnante venga individuato tra i riferimenti privilegiati per il sistema economico e sociale adottati nella Strategia di Lisbona “con l’obiettivo di favorire la transizione verso una economia competitiva e dinamica, fondata sulla conoscenza” (dir. 2005/36/CE).

Anzichè norme imperative, ci si attende invece che venga riscritto e adottato un nuovo “stato giuridico della professione docente” che consenta di operare in piena aderenza con la nuova governance del Sistema Istruzione.

La misura e la valutazione della performance del docente ad esempio potrà essere valutata in modo certo e rigoroso soltanto sulla base dei benefici arrecati agli studenti (beni immateriali), destinatari del servizio. Ogni innovazione normativa e organizzativa va inserita in modo organico nel Sistema Nazionale di Valutazione. Ci si attende dunque che venga proposta un’azione integrata tra INVALSI e INDIRE, che potrebbe consentire ai centri di responsabilità della scuola di determinare un “ciclo di gestione” che sia in grado di proporre una rendicontazione che non sia soltanto di pura facciata, fornire un servizio pienamente rispondente ai principi di sussidiarietà e di flessibilità organizzativa e garantire che tutta l’attività scolastica venga esercitata secondo i parametri della cultura della valutazione e della libertà di insegnamento.

di Ezio Sina (Presidente APIDGE)

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