Una vergogna per lo Stato e per i suoi cittadini: in questo settore dovrebbe essere predisposto e fatto rispettare un rigoroso “patto di corrispondenza” tra l’economia e le sue regole in tutti gli Stati UE.
Economia e regole, un rapporto da conoscere, interpretare e rispettare sin da giovani, in tutte le scuole!
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L’economia nera italiana vale 211 miliardi
False dichiarazioni ai fini di sfuggire al fisco, lavoro in nero, affitti o incassi non dichiarati; ma ache produzione e traffico di droga, giri prostituzione e contrabbando di tabacco. Tutto questo finisce in un calderone che la statistica chiama “economia non osservata“, proprio perché non riesce a quantificarla puntualmente come avviene con il resto delle attività svolte alla luce del sole. Ma riesce almeno a stimarla, come fa l’Istat, nella bellezza di 211 miliardi di euro di valore, il 13% del Prodotto interno lordo. Per la stragrande maggioranza, 194,4 miliardi di euro, si tratta della fetta occupata dalle attività “volontariamente celate alle autorità fiscali, previdenziali e statistiche”, e nei restanti 17 miliardi di euro circa (1% del Pil) fanno capo all’industria illegale di droga, prostituzione e contrabbando.
Sono i dati contenuti nell’aggiornamento dell’Istituto di statistica, che certifica unpreoccupante aumento dell’incidenza sul Pil di questo insieme di attività tra il 2011 e il 2014: dal 12,4 si è passati al 13%. Sembrerà poca cosa, ma 0,6 punti di prodotto sono molto più della somma (0,2 punti) che sta al centro della “litigata” tra governo e Ufficio parlamentare di bilancio sulle stime di crescita per il prossimo anno. Anche di più (0,4 punti) della “flessibilità” massima che l’Italia spera di strappare a Bruxelles in queste ultime ore di scrittura della Manovra.
Il lavoro dell’Istat dettaglia come i vari settori del sommerso contribuiscono a mettere insieme quella cifra monstre: “Il valore aggiunto generato dall’economia non osservata nel 2014 deriva per il 46,9% (47,9% nel 2013) dalla componente relativa alla sotto-dichiarazione da parte degli operatori economici. La restante parte è attribuibile per il 36,5% all’impiego di lavoro irregolare (34,7% nel 2013), per l’8,6% alle altre componenti (fitti in nero, mance e integrazione domanda-offerta) e per l’8% alle attività illegali”, dicono gli statistici. Ecco invece, come mostra il grafico, quali sono i contributi dal sommerso nei fari settori.
Da segnalare infine il “significativo aumento” censito dagli statistici dei lavoratori irregolari: sono 3 milioni 667 mila, in prevalenza dipendenti (2 milioni 595 mila) e con un balzo rispettivamente di 180 mila e 157 mila sull’anno precedente. “Il tasso di irregolarità, calcolato come incidenza delle unità di lavoro (Ula) non regolari sul totale, è pari al 15,7% (+0,7 punti percentuali rispetto al 2013). Il tasso di irregolarità dell’occupazione risulta particolarmente elevato nel settore dei Servizi alla persona (47,4% nel 2014, 2,4 punti percentuali in più del 2013), seguono a grande distanza l’agricoltura (17,5%), il Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (16,5%) e le Costruzioni (15,9%)”.
Raffaele Ricciardi
La Repubblica 14 ottobre 2016