IL TFA DÀ DIRITTO AL RUOLO?
Con il presente contributo si cercherà di cogliere la ratio essendi della normativa inerente al 1° ciclo del TFA (Tirocinio Formativo Attivo), cercando di attuare un’interpretazione finalmente coerente con le altre norme che lo riguardano. In particolare, l’analisi, alla luce della linea interpretativa che si adotterà nel prosieguo, si porrà l’obiettivo di indagare la natura e il valore del TFA 1°ciclo, ovvero se esso si sia limitato ad essere una procedura formativo-abilitante oppure se possa ad esso ricondursi il “nuovo” reclutamento. Le norme che si analizzeranno saranno: 1) l’art 2, comma 416 della legge 24 dicembre 2007, n. 244; 2) art. 5 DM 249/2010; 3) art. 39 legge 449/97.
L’art 2, comma 416 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 così recita: “Nelle more del complessivo processo di riforma della formazione iniziale e del reclutamento dei docenti, anche al fine di assicurare regolarità alle assunzioni di personale docente sulla base del numero dei posti vacanti e disponibili effettivamente rilevati e di eliminare le cause che determinano la formazione di precariato, con regolamento adottato dal Ministro della pubblica istruzione e dal Ministro dell’università e della ricerca ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentiti il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario da rendere entro il termine di quarantacinque giorni, decorso il quale il provvedimento può essere comunque adottato, e’ definita la disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale e dell’attività procedurale per il reclutamento del personale docente, attraverso concorsi ordinari, con cadenza biennale, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente per il reclutamento del personale docente, senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica e fermo restando il vigente regime autorizzatorio delle assunzioni. E’ comunque fatta salva la validità delle graduatorie di cui all’articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Sono abrogati l’articolo 5 della legge 28 marzo 2003, n. 53, e il decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 227”.
L’articolo in questione si pone come norma base del TFA, in quanto contiene una delega al governo per disciplinare la formazione iniziale degli insegnanti e il reclutamento, con il duplice scopo “di assicurare regolarità alle assunzioni di personale docente sulla base del numero dei posti vacanti e disponibili effettivamente rilevati “ e “di eliminare le cause che determinano la formazione di precariato” . La norma delega la disciplina “dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale e dell’attività procedurale per il reclutamento del personale docente, attraverso concorsi ordinari”.
Ora, pare legittimo chiedersi se il concorso ordinario di cui si parla in questa legge sia lo stesso di quello previsto dall’art. 400 del dlgs 16 aprile 1994, n. 297 (T.U. delle disposizioni legislative in materia di istruzione). Non pare, innanzitutto perché non sembra opportuno creare una nuova procedura di formazione senza che ad essa venga coordinata una nuova procedura di reclutamento ad hoc (non pare né opportuno né coerente mischiare il nuovo con il vecchio, ed infatti la legge ha delegato la disciplina di entrambi). Ma neppure sembra giuridicamente logico che il legislatore abbia delegato al Governo la disciplina di qualcosa già disciplinato nel 1994. In sostanza, se il legislatore del 2007 avesse voluto intendere come procedura di reclutamento il concorso ordinario del T.U. del 1994 (per intenderci, quello del 1999 e l’ultimo concorsone svolto) non ne avrebbe certo delegato la disciplina nuova al governo, ma avrebbe semplicemente operato un rinvio alla precedente norma (dicendo ad es. “ con regolamento del Ministero … è definita la disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale, rinviando per il reclutamento alle norme del T.U. …”).
Quindi, così ragionando, due sono le possibilità. O il governo ha solo disciplinato la formazione con il Dm 249/2010, ma non il reclutamento, così lasciando migliaia di “tieffini” senza possibilità di assunzione in ruolo, rientrando nell’ambito delle implicazioni della sentenza della Corte di giustizia europea, e violando la delega del 2007 che imponeva “di assicurare regolarità alle assunzioni di personale docente sulla base del numero dei posti vacanti e disponibili”; oppure, come si reputa preferibile sulla base di una analisi normativa, ha già disciplinato, insieme con la formazione, il reclutamento nello stesso DM 249/2010, in particolare all’art. 5, il quale rinvia all’art. 39 della legge 449/97, che, come è noto, programma le assunzioni (non le abilitazioni) su base triennale in funzione della copertura del turnover. Seguendo quest’ultima ipotesi il DM 249 attua la delega appieno, soddisfacendo entrambi gli scopi assegnategli (la regolarità delle assunzioni su posti disponibili e vacanti, e l’eliminazione delle cause che hanno creato il precariato).
E tale lettura è innanzitutto di buon senso, in quanto trattandosi di una disciplina transitoria (la legge 244 dice “nelle more del complessivo processo di riforma …”) non può certo protrarsi per anni la sua sola regolamentazione. Dal 2007 al 2010 (anno del DM 249/2010) sono già tre anni, ove a questi si aggiungano altri anni per la disciplina del reclutamento, essendo transitoria avrebbe efficacia solo per alcuni anni, o forse mai. Quindi è logico ritenere che il DM 249/2010 abbia disciplinato anche il reclutamento.
Conferma di quello che qui si sostiene proviene proprio da un atto del MIUR, in particolare dal preambolo del DM 25 marzo 2013 n. 81, col quale il Governo ha modificato l’art. 5 del DM 249/2010 per adattarlo alle esigenze dei PAS (Percorso Abilitante Speciale) con questa motivazione:
«CONSIDERATO che, ai sensi degli articoli 5 e 15, comma 4, del decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca n. 249 del 2010, l’accesso ai percorsi formativi è determinato sulla base della programmazione regionale degli organici e del conseguente fabbisogno di personale docente nelle scuole statali, deliberato ai sensi dell’articolo 39, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, maggiorato nel limite del 30 per cento in relazione al fabbisogno dell’intero sistema nazionale di istruzione e tenendo conto dell’offerta formativa degli atenei e degli istituti di alta formazione artistica, musicale e coreutica;
CONSIDERATO che in base al citato articolo 39 l. n. 449 del 1997 la rilevazione del predetto fabbisogno di personale è operata esclusivamente in funzione della copertura di posti vacanti e disponibili, in correlazione al previsto turn over del successivo triennio, ma non tiene conto delle disponibilità temporanee che si verificano nel sistema nazionale di istruzione e in quello di istruzione e formazione professionale, che comportano comunque ricorso ad assunzioni con contratto a tempo determinato per far fronte alle effettive esigenze di funzionamento del sistema».
Quindi lo stesso Miur afferma che “in base al citato articolo 39 l. n. 449 del 1997 la rilevazione del predetto fabbisogno di personale è operata esclusivamente in funzione della copertura di posti vacanti e disponibili, in correlazione al previsto turn over del successivo triennio”.
Dunque il DM 249/2010 oltre a disciplinare la formazione iniziale degli insegnanti ha disciplinato anche il reclutamento per mezzo del rinvio da parte dell’art. 5 all’art 39 L. 449/97.
La conclusione a cui si è giunti non è fantasia giuridica, ma frutto di un’analisi normativa, ed è l’unica che spiega la ratio del collegamento tra fabbisogno regionale e selezione per esami e titoli per accedere al TFA 1° ciclo.
Ove il TFA 1° ciclo fosse stato una semplice procedura abilitante, propedeutica alla partecipazione ad un “vecchio” concorso a cattedra, non avrebbe avuto alcun senso il collegamento con il fabbisogno sopra descritto, ma più opportuno sarebbe stato collegare i posti del TFA ad altri criteri, ad es. alla capacità di contenimento delle università. Ma così non è stato, ed infatti, come abbiamo dimostrato, il 1° ciclo del TFA conteneva già in se le norme per il reclutamento.
Inoltre, il valore di reclutamento può essergli attribuito anche in uscita, cioè in base al valore concorsuale dell’esame finale di abilitazione, che concludeva il corso e il tirocinio. Infatti, a seguito delle sospensioni delle SSIS (Scuola di Specializzazione all’Insegnamento Secondario) nel 2008, molti specializzandi si sono ritrovati senza possibilità di concludere il loro percorso. A costoro è stata data la possibilità di iscriversi con riserva (nel 2008) nella GaE (Graduatoria ad esaurimento, che dà diritto al ruolo per scorrimento) e di concludere il percorso, sciogliendo la riserva, con la successiva procedura abilitante (appunto, il TFA). Ora, se la logica è necessità e non opinione, si deve necessariamente dedurre che l’esame finale del TFA 1° ciclo ha avuto lo stesso effetto e, dunque anche, valore giuridico che avrebbe avuto l’esame finale della SSIS (effetto consistente nell’iscrizione a pieno titolo nelle GaE). Quindi titolo SSIS (che aveva per legge valore concorsuale e che permetteva l’iscrizione in GaE a pieno titolo) e titolo rilasciato a seguito del TFA 1° ciclo hanno implicitamente lo stesso valore, appunto concorsuale, e non solo per alcuni, ma per tutti, dato che l’”ordinamento” (il ciclo, appunto) era lo stesso.
Ancora, non può non farsi riferimento in questo contributo alla sentenza della Corte di giustizia europea, che qualche settimana fa si è pronunciata sulla reiterazione dei contratti a termine protratti per più di 36 mesi su posti disponibili e vacanti. La Corte ha affermato che la normativa italiana non “previene” la reiterazione dei contratti a termine, dato che permette la copertura dei posti vacanti e disponibili con supplenze annuali «in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale docente di ruolo». Ma, a dire della Corte, tale pratica legalizza l’illegittimo abuso a «una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, poiché non esiste alcuna certezza riguardo alla data alla quale tali procedure concorsuali devono essere organizzate», dato che queste dipendono dalle possibilità finanziarie dello Stato e dalla discrezionalità dell’amministrazione.
Ora, alla luce delle considerazioni riportate, e in particolare della sentenza della Corte, occorre chiedersi se può essere legittima una graduatoria d’istituto di abilitati all’insegnamento che non permette affatto l’immissione in ruolo, creando la figura del “supplente a vita”, anche dopo anni ed anni di contratti a termine su posti vacanti e disponibili. Tale pratica non legalizza lo sfruttamento reiterato del supplente che non avrà mai certezze di stabilizzazione, come, invece, richiede la Corte?
La risposta pare scontata.
di Antonio De Filippo